Diario di bordo - 18 Agosto
"Guidare, guidare, guidare"
*Drriiiinnnn* (questa è probabilmente piú realisticamente Andrea che mi urla di alzarmi)
Così mi prendo il quarto d'ora accademico e tratto le condizioni della resa, la resa ad alzarmi.
Mi accorgo anche che le ore che dormo si riducono in maniera esponenziale dalla nostra partenza.
Poco importa.
Oggi marciamo, 340km davanti a noi per arrivare a Aurangabad, la piú grande città vicina alle Ellora Caves.
Dunque 5.30 in piedi e alle 6.30 abbiamo montato tutto e stiamo già sfrecciando in autostrada.
Vediamo persino il sole, oggi
Per metà giornata suvvia,
Solo un paio d'ore eh?
Beh, era bello, questo intendo
Dicevo, c'è sole per un paio d'ore
Sole, selfie con indiani ed altri selfie con indiani.
Dura la vita da rockstar, letteralmente ogni moto e ragazzo che ci sfreccia davanti ci chiede una foto insieme.
E noi siamo ben felici di accontentarli, ma il tempo è poco, se continuiamo a fermarci non arriveremo alla meta. E la meta di oggi è importante. Questa ci permetterà di avere un po di tempo per visitare gli scavi di Ellora, antica città incavata nelle montagne
Una moto ci affianca, siedono guidando due giovani ragazzi, chiedono una foto.
Dobbiamo andare, li salutiamo e tentiamo di spiegargli che non abbiamo tempo per fermarci.
Così nel lungo ammasso di cemento, tra deviazioni autostradali e la natura travolgente Indiana, loro ci seguono.
Ci affiancano di nuovo, sono piú arrabbiati di prima, vogliono il loro dannato selfie.
Non ci mollano, capiamo che c'è qualcosa che non va.
Così ci fermiamo a lato autostrada, tentiamo di capire cosa stia succedendo
Scendono dalla moto e gli chiediamo se vogliono fare questa benedetta foto.
Non vogliono la foto
"Document, document, drive ID"
"Give us document, police"
Non sono della polizia e questo lo sappiamo bene, sono due ragazzini che cercano rogne.
O di fotterci, che dir si voglia (si può dire fottere in questo blog?)
O di fregarci, che dir si voglia dicevo
Capiamo così la situazione, Andre è alla guida e toglie immediatamente le chiavi dal nostro bolide,
Non possiamo scappare però, la nostra bestia è un bolide mangia chilometri ma per partire bisogna coccolarla a due mani, una per la frizione e una per l'accelleratore.
Possiamo difenderci, ma dovesse mai precepitare la situazione noi non sappiamo parlare Indiano, è un problema, se arriva la polizia siamo fregati.
La situazione continua così per un paio di minuti, serrati i ranghi sul rickshaw, si concentrano sul mio compagno di viaggio, al posto di guida del veicolo.
Colgo occasione, scendo dal veicolo e faccio segno a un contadino 200metri piú avanti,
Lui non ha capito niente, non capisce che abbiamo bisogno di lui, pensa lo stia salutando, mi saluta.
Questo i nostri simpatici rompipalle lo vedono, e invertiamo la situazione, fino a che uno di loro non porta via l'amico, ancora in cerca di rogne.
L'attaccabrighe ci urla in indiano mentre l'amico lo porta via, e io l'Indiano non lo conosco,
Dunque capisco ciò che posso capire
Così
Ci salutano ovviamente con belle parole e ci augurano buon viaggio, e così siamo di nuovo in marcia.
Passa il pranzo e, mentre scrivo agli altri avventurieri dei pericoli insiti a rifiutare di fare un selfie con i locali, dei ragazzi chiedono aiuto.
Dicono che gli avevano preso le chiavi del veicolo e si erano messi davanti al mezzo, dicono anche che le sono riusciti a riprendere ma adesso li stanno seguendo.
Così li aspettiamo, sono vicini, e li raggiungiamo il prima possibile.
La moto, con i suoi due zotici indigeni locali scompare così presto all'orizzonte, e viaggiamo insieme fino alla città.
La città si chiama Aurangabad, e per la prima volta durante il nostro viaggio, decidiamo che ad attenderci ci meritiamo un sogno, un premio.
Parliamo di un hotel da ben 20 euro a testa
Dopotutto oggi maciniamo 340km, ce lo siamo meritati
Arrivati in città, tra il caotico vivere delle strade locali, imboccata una strada principale,
Un boato, un leggero colpo arriva da dietro il nostro destriero, scuotendo appena il mezzo.
Così ci fermiamo, appena 50metri dopo, non abbiamo idea di cosa sia successo.
Una moto ci è venuta addosso, con lei si ferma anche una moto, un ragazzo con la moglie.
Questo parcheggia il veicolo appena dietro il nostro, così che, facendo manovra, colpiamo la sua moto in retro. (Perchè diavolo l'ha tenuta lì?)
Okay, vediamo un po, abbiamo un indigeno che ha preso contro di noi, ha fatto un volo con la moto, e un ragazzo fermatosi per aiutare a cui abbiamo rotto il fanalino anteriore.
Alla grande.
Prima le priorità.
Ci accertiamo che stiano tutti bene,
L'indigeno volato in moto ha solo una leggera abrasione al piede.
L' homo fermatosi ad aiutare, con il fanalino rotto, e sua moglie, stanno anche loro bene.
Una folla si ferma con loro, iniziano le discussioni.
Il ragazzo con la moglie ci si avvicina, ci fa capire che la moto ci è venuta addosso a posta, ci dice che risolverà lui tutto
Così dice
"We call police you don't get out of this, give me money I get you out and you can go"
Per i meno internazionali tra i nostri lettori
"Se chiamiamo la polizia non ne uscite, datemi i soldi e risolvo io e potete andare"
Sappiamo che ha ragione, ed è la nostra migliore possibilità di uscirne
"How much money"
"Quanti soldi"
Chiediamo
"1200" Risponde
Ci rifugiamo nella nostra piccola
Andre mi guarda, mi chiede quanti sono 1200 bagiani, io lo guardo,
"15 euro" gli dico
Un sorriso si dipinge su entrambi i nostri volti.
Mettiamo su la faccia di bronzo, paghiamo e partiamo, siamo nuovamente salvi, un fanale rotto, un furfante a terra e la sua moto distrutta, ce la siamo cavata con 15 euro.
Di lì a poco arriviamo in hotel, una suite in tutto e per tutto, letto immenso, poltroncine con tavolino, tivù, thè e caffè.
SERVIZIO IN CAMERA.
Il sogno è realtà, concludiamo così la serata a cena con i nostri nuovi amici avventurieri,
Oggi abbiamo imparato una grande lezione,
Non tutti gli indiani sono brave persone
Buonanotte e sogni d'oro mondo
Ancora vivo,
Ancora in viaggio,
Da qualche parte nell'India
Sempre Vostro
Gianluca
17 agosto. Diario di bordo.
Da Badami a Solapur.
Buongiorno buonasera!
La mattina comincia proprio male. Il letto in cui abbiamo dormito era duro come un sasso, le nostre membra chiedono pietà. Come se non bastasse appena arrivati al rickshaw ci attende una brutta sorpresa: la nostra tanica di benzina è scomparsa. Andata per sempre. Ci dirigiamo dunque a comprarne un'altra, poi dritti al benzinaio.
Se vi ricordate bene, ieri avevamo risolto temporaneamente il nostro problema con il flusso di benzina al motore, quindi il nostro prossimo passo è andare a comprare le parti di ricambio che ci servono per far tornare il nostro elefantino a forma splendente.
Siamo arrivati fino a Badami per visitare un tempio antichissimo, costituito di 4 caverne ognuna dedicata a una divinità diversa. La visita dura poco, ma tanto basta per regalarci delle vedute sulla città meravigliose.
Ci siamo svagati e riposati un po', ma le parole del giorno sono tre: guidare, guidare e guidare. La nostra prossima meta sono le Ellora Caves e la strada è lunga, 550 km da coprire in soli due giorni non sono pochi per il nostro bolide, e soprattutto di notte non si guida. MAI. Non guidate mai di notte in India, soprattutto se il vostro mezzo è un ovetto di latta con le luci che illuminano tanto quanto una lucciola. Tranquilla mamma, non abbiamo mai guidato di notte, "ce lo ha raccontato un amico" ;-)
Mentre siamo in strada a macinare chilometri, vicino la città di Bijapur, succede l'inaspettato! Sfrecciamo alla strabiliante velocità di 50 km/h e ci affianca una moto. Ormai siamo abituati ad essere delle rockstar famose (chiunque ci chiede di fermarci per fare una foto e chiacchierare) ma questo ragazzo non vuole una foto... Ci chiede: "avete già pranzato?". Io e Gianluca ci guardiamo nelle palle degli occhi.
-perché questo tizio in moto, in autostrada, ai 50 all'ora, ci chiede se abbiamo già pranzato?-. La risposta a questa domanda è molto semplice, ci sta invitando a pranzo! Accettiamo immediatamente, lo seguiamo a un ristorante lì vicino e aspettiamo l'arrivo di altri suoi amici. Abbiamo passato un pranzo fantastico. A fine pasto volevamo pagare la nostra parte, ma ci hanno offerto il pranzo!
Con questa esperienza nel cuore, e con 5 amici in più, ripartiamo. A pranzo abbiamo perso molto più tempo di quanto sperassimo, nonostante ne sia valsa davvero la pena. Decidiamo di arrivare fino a Solapur, così da avere già coperto buona parte dei 500 e passa chilometri che dobbiamo fare.
È quasi buio, dobbiamo trovare un posto per dormire.
La ricerca parte dal nostro fidatissimo Google, che ci mostra hotel belle vicinanze: scegliamo accuratamente il migliore per rapporto qualità/prezzo, prenotiamo online e ci dirigiamo verso la nostra nuova destinazione. Arrivati lì, un hotel con ristorante al piano terra, entriamo e chiediamo per avere una stanza: "buonasera, abbiamo prenotato una stanza per 2". "in che senso una stanza? Qui facciamo solo da mangiare" ci dicono. "beh, una stanza per dormire... l'hotel... al piano di sopra...". "ah l'hotel. L'hotel è abbandonato".
Come abbandonato?! Abbiamo addirittura prenotato online sul sito... Non importa, ci diciamo che abbiamo avuto esperienze peggiori con gli hotel qui in India. Lasciamo il parcheggio tra le risate per la situazione assurda, e ci dirigiamo verso un hotel lì vicino di cui avevamo intravisto la scritta da lontano.
Perfetto, hanno una camera. Brutta, sporca, puzzolente, ma pur sempre una camera; e noi abbiamo bisogno di dormire.
Come a farlo apposta, dopo un'ora salta la luce in tutto l'hotel, insegna compresa. Alziamo di nuovo le spalle, gli hotel qui sono tutti strani... Andiamo a letto.
Restate sintonizzati per altre mirabolanti avventure in terra indiana. A presto!
P. S.
Vorrei fare un ringraziamento speciale ai ragazzi che hanno pranzato con noi. Ci hanno svoltato la giornata da iniziata male e continuata noiosa, in una giornata pazzesca. Thank you guys! धन्यवाद
Veeresh
Pavan
Shreyas
Pramod
Vanishri
Buongiorno buonasera!
E niente, ormai scrivo in pianta stabile anche io. È giusto così, d'altronde qui in mezzo ci siamo in due...
Dunque, come già sapete siamo arrivati ad Hampi e già dal mattino si intuisce come sarà il mood della giornata: cavalchiamo la nostra bestia per andare in paese a visitare i templi e le antiche rovine della città (sono patrimonio mondiale dell'umanità! Se lo dice l'unesco almeno un'occhiata bisognerà pur dargliela) e fatti neanche 100 metri ci si para davanti una muraglia cinese di mucche. Imponenti e insollecitabili. Te puoi provarle tutte (e sai anche che non puoi neanche solo pensare di spingerle o di "spaventarle" col clacson), ma se decidono di stare belle che sdraiate in mezzo alla strada non c'è metodo che funzioni, loro staranno belle che sdraiate in mezzo alla strada.
Finalmente si spostano e ci dirigiamo in paese. Le rovine sono pazzesche, e i templi ancora di più; entriamo nel primo che vediamo che casualmente (ma per noi è stata la provvidenza induista) è dedicato a Ganesh, protettore dei viaggiatori e rappresentato da un elefante. Una sacerdotessa ci attende, ci benedice col classico "puntino" rosso e ci fa segno di entrare. La statua di Ganesh occupa tutta la superficie della stanza del tempio. La sacerdotessa ci consiglia qualche rito da compiere e noi, come dei bravi chierichetti, eseguiamo.
La visita continua tra rovine e templi, fino a che arriviamo al Tempio con la T maiuscola, quello grosso più grosso, quello bello più bello. Facciamo un giro all'interno e ci imbattiamo in un elefante (è evidente che abbiamo scelto l'animale giusto per il nostro tuk tuk) che in cambio di una offerta ti benedice con la sua proboscide. Direi che dopo tutti questi elefanti, tra dei e sacerdoti, possiamo ripartire alla volta della nostra prossima meta, consigliataci da un ragazzo indiano conosciuto al ristorante la sera prima (e che fai? Te la consigliano, non ci vai?), Badami.
E allora tuk tuk in spalla e partiamo.
Ma ecco che la giornata, iniziata male tra barriere di mucche, peggiora come una bella giornata durante i monsoni. Ganesh non ha ascoltato le nostre preghiere, e la nostra bestiolina comincia ad avere la lingua lunga. Si ferma una volta, si ferma due, cerchiamo di capire il problema ma tutti i nostri sforzi sembrano vani.
Che entri il meccanico! (il primo di tanti) che capisce il problema e mette a posto. Ripartiamo fiduciosi, ma non c'è niente da fare. Ancora problemi!
Il secondo meccanico neanche parla inglese, e di tuk tuk non ne capisce molto. Ce ne andiamo a mani vuote. Il terzo neanche comincia a smanettare che dice di aver risolto. Il quarto meccanico capisce che si tratta di un problema con il flusso di benzina al motore, cambia il filtro, si inonda con un fiume di carburante e ci lascia ripartire.
Niente da fare, il problema rimane. Torniamo dal quarto meccanico. Ci sembra quello che ne capisce di più: capisce dove sta esattamente il guasto, ripara e ripartiamo.
Finalmente! Abbiamo perso l'intero pomeriggio a curare la bestia, ma ora è un gran forma. In mente abbiamo solo una cosa: Badami. È tardi, ma l'obbiettivo e cristallino e decidiamo di provare di arrivare alla meta prestabilita.
Buca dopo buca, dosso dopo dosso, pozza dopo pozza, paesino dopo paesino, maciniamo chilometri come dei dannati. Siamo stanchi, ma ce la possiamo fare.
Cosa sono queste urla in lontananza che sentiamo? Siamo in mezzo al nulla, su una strada che neanche il nostro fidato Google maps conosce, e noi sentiamo urlare come se 100 bambini stessero guardando per la prima volta una cosa che mai nella loro vita hanno visto prima. Un momento... Ma sono davvero una mandria di bambini che ci indica e che urla! Probabilmente non hanno mai visto un veicolo così figo come il nostro. Ci fermiamo per salutare e passiamo così uno dei momenti più belli di tutto questo viaggio.
Il viaggio continua tra passaggi dati a qualche autostippista e il salvataggio di un cucciolo di cagnolino che in mezzo alle strade indiane non se la stava passando proprio bene.
Finalmente arriviamo a Badami. L'hotel che ci aspetta non è dei migliori ma a noi va bene così, ci basta un letto e un bagno... Aspettate un momento... Il bagno è... UN BAGNO INDIANO (chiamato da noi comuni mortali cacatoio a squat).
Non importa, proveremo anche questa esperienza!
Tutto sommato, la giornata non è andata malissimo. Abbiamo avuto tanti problemi con il nostro elefantino, ma abbiamo vissuto momenti bellissimi e alla fine siamo arrivati alla meta prefissata. Avanti così!
Siamo estremamente grati all'India, ai suoi paesaggi, ai suoi abitanti e al suo cibo perché stiamo vivendo esperienze che mai avremmo pensato di vivere.
Restate sintonizzati per altre mirabolanti avventure del team Turtlein a spasso per l'India!
Diario di bordo - 14 Agosto
(Ieri non si era pubblicato, per una qualche ragione, chiedo scusa a tutti i nostri lettori)
Consueto risveglio.
La mia sveglia, che altro non è che il mio compagno di viaggio, ha suonato in ritardo.
La sveglia della mia sveglia (il telefono di Andre) ha infatti suonato in vibrazione (per non svegliare I nostri compagni di camera), e non ci siamo svegliati per partire con i nostri zelanti Zelandesi.
È tardi, imballettiamo tutto, controlliamo, ordiniamo la colazione, un chai tea (latte e thè) e via.
Ci sediamo in veranda
Lì siede Simon, avventuriero incontrato la sera prima. Lui è in viaggio da 7 Anni, dice di fermarsi e stazionarsi solo nei luoghi piú intriganti ed è in India da 4 mesi. Così ci racconta di Chikkamagaluru, città di montagna, famosa per le sue vallate e cascate.
Abbiamo la nostra prossima meta
Rotta verso Chikkamagaluru, appena 170km da Mysuru, una passeggiata.
Sulla strada una doccia fredda ci riporta alla realtà.
Scriviamo ai nostri Zelandesi, ci dicono che James, fratello di Lucy, è in gravi condizioni all'ospedale.
Sappiamo solo che è in reparto di urgenza
Il viaggio prosegue,
Siamo un po sotto shock per la notizia
Arriveremo alla fine anche per loro.
Incontri e eventi, per questa volta, li lasciamo a libera interpretazione,
All the best
Xoxo
Gianluca
Diario di bordo - 15 Agosto
Apro gli occhi, in realtà è Andre che mi sta frustando per tentare di svegliarmi
C'è umidità nell'aria, ha piovuto la scorsa notte
È evidente anche dalle pozzanghere, ma dirlo così mi sembra piú fico e del selvaggio.
Una doccia, riorganizzazione zaini, un veloce saluto all'host e siamo in sella
Destinazione? Hampi
Ad Hampi risiede ora un piccolo villaggio, sulle ceneri della capitale di un grande impero, Vijayanagara.
La marcia non prosegue a lungo, la nostra fiera tossisce un po, ha qualche problema.
Rampante ruggisce, ma sopra alla nostra velocità di crociera di 40km/h tossisce e si ferma. Sulle perfette e immaculate autostrade indiane è un problema, così ci fermiamo, dobbiamo capire se è stata ferita o ha un qualche malanno.
Cipolliamo ma niente, dobbiamo continuare, benza diretta nel carburatore e via col vento.
Passiamo così dall'autostrada alla statale, ed al primo villaggio incredibili festeggiamenti e bandiere indiane decorano tutte le macchine e rickshaw.
È festa nazionale, celebrano l'unità dell'India.
Abbiamo bisogno di una bandiera anche noi, così prima fermata, chiedo in un negozio.
Me la regalano, troncano un bastoncino di legno, un paio di chiodi, un fil di spago e siamo pronti. Abbiamo la nostra bandiera.
La nostra belva, montata dal mio prode compagno di viaggio, è stata nel mentre circondata; come spesso accade infatti, raccogliamo attorno a noi tra curiosi e attoniti metà del villaggio.
Una bambina ci porge così del palloncini, che attacchiamo sul fronte del rickshaw e un uomo orna le nostre magliette con delle spille.
Siamo ora veri Indiani.
Sventolano le bandiere, tra selfie in corsa dalle moto in autostrada, vediamo innazi a noi elevarsi una gigantesca bandiera, proviene da un rickshaw, la bandiera è almeno due volte il veicolo.
Decidiamo di andarlo a prendere, vogliamo una foto con loro, scrocchiamo la quarta, la nostra creatura è ancora affetta da un male ignoto, ma ora siamo a caccia.
Così li affianchiamo, e a lato superstrada, con la bandiera che la copre quasi interamente otteniamo la nostra ricompensa.
Vittoria.
La nostra bruta è però affaticata, la caccia grossa le è costata caro, si spegne in folle, è stanca e ha qualcosa che non va. Noi lo sentiamo, così primo meccanico ci fermiamo,
Avvitano una vite, capiamo a cosa serve, partiamo.
Dopo una decina di km stesso problema, ci fermiamo, cipollano parlando indiano, avvitano la stessa vite.
La vite è la fonte di ogni male.
Come noi ficchiamo la benza direttamente dentro quando si ferma, loro avvitano la vite.
Questioni culturali a mio vedere.
Un paio di km e siamo punto e a capo.
Così al primo fuori città ci fermiamo, due mani al motore, sembra andare per il momento.
Passano le ore, ogni minuto dedicato alla nostra piccola è un minuto in meno di viaggio.
Così la ripartenza, è tardi, è pomeriggio, con il vento e la pioggia, guardo avanti e i palloncini sono andati, tutti tranne uno, resiste.
Così il motto "Finchè resiste c'è speranza"
È oramai il tramontare, in mezzo al nulla, così decidiamo risoluti, se resiste lui possiamo resistere anche noi, si va ad Hampi.
Al calar della luce la notte si fa tenebra, il nostro fanale anteriore non illumina che un paio di metri innanzi a noi.
Luci come fuochi, bruciano la vista,
ogni indiano sa che dovrà accendere gli abbaglianti per sopravvivere all'autostrada,
Noi non abbiamo gli abbaglianti.
Il mio compagno di viaggio si desta così, ho bisogno di lui, e come un marinaio si sporge per non colpire gli scogli, lui controlla il limite della strada, il guardrail, informazioni, informazioni utili.
È nato per questo poi, ha gli occhi azzurri, è un gufo nella notte.
Traversiamo così, gridando sul nostro destriero, clacsonando all'impazzata e con le quattro freccie, qualsiasi cosa pur di farci sentire e vedere.
Un camion ci sfreccia davanti, è la nostra occasione, dobbiamo seguirlo, sarà il nostro guardiano. Nessuno fotte con i camion in India.
Lo seguiamo così, fino all'arrivo in città, il mio compito è finito, Andrea è un professionista della guida di centro urbano.
Così dal limbo di oscurità giungiamo nel caos, la città non ha sensi di marcia, la città è pazza.
Destreggia le strade, slalom e sorpassi, è in completa sintonia con le strade e la vita matta di quel burdel.
Un paio di kilometri ed arriviamo ad Hampi, costeggiata da sassi giganteschi, e ornata dalle divine di quella che fu una capitale di un impero.
E così, un morbidissimo e grande letto, una doccia calda, la nostra prima lavatrice,
siamo a casa.
Con tutto l'affetto
E un paio di anni in meno di vita
Gianluca
13 agosto.
Da Coimbatore a Mysore (o Mysuru che dir si voglia)
Buongiorno buonasera!
Eccomi di nuovo qui... Come potreste aver intuito, la speranza che il nostro social manager preferito faccia tutto il lavoro sta svanendo come il sole dietro alle nuvole monsoniche.
Ebbene tenetevi forte, perché il blog di oggi parla di due ragazzi benedetti dagli dei prima di partire alla conquista delle montagne.
Tutto inizia a Coimbatore, superato il trauma del nostro arrivo in città della sera prima. Dobbiamo arrivare a Mysuru, ma per farlo dobbiamo attraversare un valico sulle montagne, attraverso una riserva naturale, e sappiamo che senza il favore degli dei indiani non possiamo farcela (ormai abbiamo imparato a conoscere le potenzialità della nostra bestia, ma oggi verrà messa davvero a dura prova). Ci dirigiamo quindi verso un tempio, dove Gian riceve la benedizione di un santone e io eseguo un rito tradizionale. Il nostro elefentino non è da meno, e viene imbardato di fiori cerimoniali in segno di buon auspicio. Alla grande! Con i nostri puntini colorati sulla fronte possiamo finalmente partire.
I nostri compagni di disavventure sono già partiti da circa un'ora e noi come al solito siamo in ritardo, quindi ci aspetta un viaggio in solitaria.
Arrivati ai piedi delle montagne cominciamo a notare qua e là cartelli di pericolo; a quanto pare, la riserva naturale in mezzo alla quale dobbiamo passare è popolata da tigri, leopardi, elefanti, e scimmie! Poco male, sono sicuro che avendo un elefante dipinto sul nostro tuk tuk, gli altri animali ci staranno alla larga, mentre gli elefanti, quelli veri, ci proteggeranno come se dovessero proteggere un loro cucciolo.
Tornante dopo tornante comincia la scalata verso la cima del monte... Dannazione! La bestia si stanca in fretta e arranca; si vede che questo non è il suo habitat naturale. Nessun problema serio, ma ogni tanto dobbiamo fermarci per far raffreddare il motore.
Arriviamo finalmente in vetta e ci fermiamo per rianimare la bestia. Mentre beviamo dell'ottimo Chai tea (té e latte, che penso sia idolatrato come la bevanda degli dei, visto che bevono solo quello tutto il giorno) si avvicina al nostro tuk tuk l'unica cosa più sacra del té... Una vacca!
Comincia a scrutare la nostra bestia, si avvicina come due cani che si annusano a vicenda e si dirige verso i fiori presi poco prima al tempio. Come se nulla fosse comincia a brucare fino a che anche il più piccolo fiorellino non è finito nel suo stomaco; noi non possiamo fare altro che stare a guardare, perché come ci hanno insegnano le mucche qui non si toccano. Guardiamo, aspettiamo, guardiamo ancora, aspettiamo ancora, guardiamo ancora ancora, aspettiamo... Vabbè avete capito...
Finito il banchetto della nostra nuova amica ripartiamo. La nostra bestia le discese se le mangia a colazione e in un batter d'occhio arriviamo a Mysore. Città bellissima, l'ostello in cui dormiamo sembra il castello di un maraja e la gente del posto è come sempre gentile e disponibile. Uno su tutti un ragazzo minuto di nome Azlam, che a suon di "boom boom shaka laka" (sì sì diceva proprio così) e un molto rassicurante "no fear, I'm here" (niente paura, ci sono qui io) promette di portare me e i neozelandesi nel miglior bar della città. Una bella birra ghiacciata ci voleva proprio, ma quello che in realtà succede è ben diverso: fa una deviazione e ci porta in un negozio di olii essenziali (ancora non smetto di ridere!). Beh sappiate che sono uscito che profumavo di almeno 20 fragranze diverse e con la bocca asciutta.
Restate sintonizzati per altre mirabolanti avventure del team Turtlein!
Diario di viaggio - 12 Agosto
La notte passata abbiamo deciso di non accendere l'elicottero posteggiato nella nostra camera e abbiamo invece optato per il condizionatore.
Vani buoni propositi per alleggerire l'inquinamento acustico, vani perchè in questa regione del mondo scopriamo che il condizionatore macchina piú del ventilatore, con l'aggiunta che lo split esterno piscia acqua.
Così immagino che quel fragore d'acqua, sputato fuori dal rocambolesco macchinare sia il suono delle onde, allo scuotersi contro la costa.
Non funziona, dormo così poche ore, e decido che il gioco non vale la candela, lo spengo, esco e vengo assalito dalle zanzare.
Maledette bastarde.
Desto così, 4 del mattino, arriva il momento di provare il mio nuovo prodotto indiano, la Grim Green Powder, una polvere tipica indiana di cemento e asfalto, che di "Green" non ha proprio niente, e un locale mi ha consigliato.
La suddetta polverina bagnata odora e ha la consistenza del fango, dopo il primo giro, mi convinco sia fango essiccato e capisco perchè tutti gli indiani hanno i capelli tanto trasandati.
Al finire mi addormento così, dopo il condizionatore urlante, l'assalto delle zanzare e la goduriosa doccia con fango indiano.
Appena un ora dopo Andrea mi sveglia,
È arrivato il momento,
Rullo di tamburi ed è il nostro giorno,
Il dado è tratto.
Imbelliattiamo e impacchettiamo tutto e andiamo al campo base, e dopo la foto di gruppo si parte. Per noi suonano i bonghi, gli stessi che avevano accompagnato le danze nella sera della festa.
Prima ruota sulla strada e siamo fuori, ora siamo soli, noi e il nostro mostro su tre ruote
Sgasiamo e organizziamo con i nostri tre stramboidi amici Zelandesi.
La nostra meta è Coimbatore, appena 190km da Kochi, è una meta pragmatica, dobbiamo evitare le zone di tempesta, anche se abbiamo comprato i remi non li dobbiamo usare per forza!
E così si parte, e passando tra autostrade e città capiamo che nella gerarchia della strada, delle creature mobili che popolano le strade dell'india, gli autobus sono il piú temibile dei predatori, seguiti dai tir. Questi spesso si affiancano in contromano, occupando tutta la carreggiata, e a quel punto sei obbligato a fare fuoristrada, passare in mezzo ai due, o provare la sorte sfidandoli in un testa a testa.
Ma alla cima di questa gerarchia gli autobus occupano solo il secondo posto, al primo siedono le mucche, animali sacri in questo paese, che pascolano spesso in mezzo alla strada, insieme a capre, cani e scimmie.
Beh, a loro non frega proprio niente di noi, dopotutto sono abituate ad avere ospizi in questo paese, e a valere piú della misera vita di un uomo. (Poi gli indiani credono nella reincarnazione, penso che investire una mucca porti dannazione a una intera generazione).
Nel nostro caso comunque non c'è problema, colpissimo mai malauguratamente una mucca alla nostra velocità di crociera di 40km/h, sarebbe lei a investire noi.
Dopo appena sette ore di viaggio, arriviamo in città, sto guidando in quel momento, e la città è folle, macchine, moto, bus, autobus in avanti e contromano, persino nelle rotonde.
Il clacson cambia significato in città, la gente suona per salutare, per fare paura agli altri, suona quando è nervosa, suona per far sentire agli altri il proprio strumento e per intonare qualche canzone.
È il caos, e in quel caos noi abbiamo visto un hotel online, e abbiamo deciso di soggiornarvi.
Adescato dalle belle foto mostratami dal mio ingenuo compagno di viaggio sopporto il caos generale per arrivare fino a destinazione. Destinazione qui per me voleva dire un qualsiasi letto ma sopratutto una doccia.
Arriviamo ed Andre entra dentro a parlare con il receptionist.
Nel mentre il tuc tuc ha dei problemi, non si accende il motore ma non si spengono le luci, rimango bloccato a lato strada.
Vecchi indiani si avvicinano per aiutare, uno dopo l'altro, uno spinge da un lato, l'altro all'opposto e uno tenta di capire perchè non si spengono le luci.
Andre intanto esce, ma l'umarel della reception lo segue, lo intima di salire in camera, tentiamo dunque di spiegargli, ma non capisce una parola, è evidente.
Siamo al limite, dopo 7 ore di viaggio, troviamo la soluzione alle luci, prendiamo tutto e lasciamo lì la nostra bestiola.
Saliamo e arriviamo in camera.
Due letti distrutti, le lenzuola completamente macchiate, e un secchio sporco nel bagno (per farsi la doccia).
Siamo senza parole, così senza parole che il nostro amico receptionist, che ci ha accompagnato su, decide di farci una ulteriore offerta,
"Rupies please, rupi rupi, money nothing bad happen"
Insomma, se gli diamo dei soldi non succede niente di male, e se non glieli diamo? Mi domando
Voglio andare via, vogliamo andare via.
Andre chiede i soldi indietro, è inutile, scappiamo.
I nostri amici neo Zelandesi sono in un ostello lì vicino, non ha una doccia, ma a questo punto poco importa.
Imbracciamo tutto, montiamo gli zaini sul nostro bolide e siamo pronti a partire, frizione e.. vi raggiunge il receptionist,
Siamo stati braccati, ci chiede se va tutto bene, se vogliamo una stanza migliore, di restare, gli diciamo che dobbiamo andare in un altra città, prima marcia, accelleriamo, siamo in fuga.
Di nuovo nel caos della città, quello stesso caos ci è ora piú familiare, piú accogliente dell'hotel da cui siamo scappati per lo meno.
Arriviamo così all'ostello, dove abbraccio l'host e salutiamo i nostri amici, siamo salvi.
Lì vi sono altre due squadre, Rickshaw runners, matti come noi, ma fidati, brava gente.
Così rinfrescati i nervi e rilassati un po, usciamo a cena e decidiamo per una bettola a pochi minuti a piedi dall'ostello.
Andiamo con i nostri amici, e per assicurarci che il posto sia buono chiediamo un po a tutti i nativi che incontriamo.
Gli indiani sono alquanto contraddittori, quando dicono sì, scuotono la testa, lo fanno continuamente e non si capisce niente se vogliono dire sì o no.
Ma poco importa, sembra che i locali lo consiglino, da quel poco che riusciamo a capire e siamo già lì davanti.
Entriamo, siamo gli unici non-indiani nel locale, così è confermato, siamo in un locale tipico.
Vi sediamo e come piatto stendono ad ognuno una grande foglia.
Non ci sono posate, impariamo il loro galateo
Si mangia con una mano sola
Si paciuga il pane nelle salse
E si mangia come dei maiali
Finiamo così la serata, sfamati e felici.
Si va a casa ora, per davvero,
E dormiamo sereni
Un caloroso abbraccio
Gianluca
Buongiorno buonasera a tutti!
Oggi il vostro/nostro social media manager preferito si è preso una pausa quindi mi presento: sono Andrea, il master driver delle città (Gian si innervosisce a guidare nel caos "controllato ma non troppo" delle città indiane, ed è quindi mio compito far vedere agli indiani di che pasta sono fatti i guidatori italiani).
Dunque dicevamo, questo è il primo blog che scrivo, e mi è stato lasciato addirittura l'importante compito di chiudere le due storie lasciate aperte ieri, le coperture laterali e la presentazione dei nostri amici e compagni di viaggio.
Diario di viaggio 11 agosto
Partiamo dall'inizio: dopo il primo incontro con la nostra bestia macina kilometri, avevamo bisogno di renderla il più pratica e confortevole possibile, senza dimenticare che anche l'occhio vuole la sua parte. Andiamo quindi in centro città a Cochin a cercare qualche negozio di parti di ricambio e gingilli per il nostro tuk tuk, compriamo quello che ci serve e ripartiamo... Oh no, il tuk tuk non ne vuole sapere di mettersi in moto, le proviamo tutte, senza successo, fino a che non arriva Shiva (esatto proprio come il nome della divinità indù) a darci una mano a farlo ripartire. Lui è un guidatore di tuk tuk di professione e sa esattamente come trattare con la nostra bestiola. Per ringraziarlo gli offriamo un chai tea, ma a Shiva non interessa il tè, e men che meno gli interessano i soldi; lui vive solo per i timbrini. Scopriamo dunque che se i tuk tuk drivers portano turisti dentro i negozi, questi ricevono come compenso dei timbrini che possono scambiare per della benzina, esattamente come i punti della coop. Ci chiede dunque di salire con lui per aiutarlo ad avere questi timbrini. La faccio breve: abbiamo girato 4/5 negozi e ogni volta che uscivamo da uno ci chiedeva di andare in un'altro; non ci lasciava più andare.
Finalmente ritorniamo al nostro tuk tuk e partiamo alla ricerca di delle coperture laterali (altro non sono che dei teli di nylon da mettere ai lati del tuk tuk a mò di tenda per in inzupparsi d'acqua mentre guidiamo in mezzo ai temporali monsonici). Approdiamo in questo negozio che vende un po' di tutto, dalle parti di ricambio a profumatori da macchina. Compriamo i teli e chiediamo se possono montarci i gancetti sul tuk tuk su cui poi andranno fissate le paratie. Ci promettono che in 3 ore tutto sarà montato e pronto, quindi gambe in spalla lasciamo lì in nostro mezzo e partiamo per un giro esplorativo della città mentre ammazziamo il tempo.
Arriviamo vicino al mare, e improvvisamente vediamo un tunnel con un affresco sul muro e un giardinetto in lontananza, decidiamo di addentrarci e scoviamo un paradiso nascosto: hotel 5 stelle con ristorante vista sul porto. Il menu sembra promettente e il prezzo molto economico. Mangiamo, io prendo un piatto mentre Gianluca si scofana un menu completo da 6 portate.
Andiamo a ritirare il nostro tuk tuk, con la sorpresa che il lavoro promesso non solo non era neanche iniziato, ma neanche avevano intenzione di farlo. Dannazione. È tardi. Il nostro tuk tuk è incompleto.
Grazie a Dio, o agli dei visto che siamo in India) Ramalan, altro guidatore di tuk tuk indiano, conosce un posto in cui fare questo lavoro e quindi tuk tuk sotto al culo e si parte di nuovo.
Il posto è surreale, un garage pieno di tessuto, gommapiuma e una macchina da cucire. Ci completano metà del lavoro e ci promettono di farci avere i teli cuciti e pronti per le 10 di sera. Perfetto! Andiamo a cena mentre aspettiamo.
Al ristorante ci fanno compagnia i nostri nuovi amici, conosciuti alla festa della sera prima. Vengono dalla Nuova Zelanda, dall'isola sud (a detta loro la migliore delle 2 isole che compongono il paese. Ma ovviamente loro sono di parte), si chiamano James (fratello di Lucy), Lucy (sorella di James) e Josh (un loro amico d'infanzia). Sono pazzi, ma hanno del buon senso in corpo, e ci sembrano i compagni di viaggio perfetti. Il loro inglese ha un accento stranissimo, ma d'altronde noi italiani non siamo da meno.
Pianifichiamo con loro la prima tappa del viaggio, si fanno le 10 di sera e andiamo a prendere i teli, che incrociando le dita dovrebbero essere finiti (d'altronde domani si parte! Non possiamo perdere altro tempo). Arriviamo al garage/tappezzeria e... sorpresa sorpresa i nostri teli non sono finiti, ma almeno il tappezziere indiano, che non parla una parola di inglese, ha cominciato a farli. Non possiamo perdere tempo, domani ci svegliamo all'alba. Ci rimbocchiamo le maniche e mentre parliamo del più e del meno con altri due ragazzi del posto ci mettiamo a lavorare anche noi.
Degni di poter essere assunti a tempo indeterminato in quel garage, torniamo a casa soddisfatti e stanchi morti ma carichi a molla per la partenza.
Namaste a tutti,
Restate sintonizzati!
P. S. Siamo indietro con i blog di viaggio, lo sappiamo, tentiamo di recuperare il prima possibile.
Buongiorno Buonasera!
Scopro ora che il precedente blog era riferito al 9 Agosto, il lungo e agoniante, se non chè glorioso arrivo alla nostra prima nuova casa.
Ma qui non ci prendiamo indietro niente, e quindi,
10 Agosto - Diario di bordo (di nuovo)
TATATTAATATATATA, un risveglio soave
Docile come un elicottero Apache il nostro ventilatore, idolatrato ed eletto a divinità pagana fino alla sera prima, rivela la sua vera natura, concedendoci un fragoroso risveglio.
Ma l'oggi è un giorno importante, oggi incontriamo il nostro tuc tuc, il formidabile ed infallibile mezzo che ci porterà alla fine della nostra avventura.
Così forza e coraggio, ci alziamo e andiamo a fare colazione, sul tetto del nostro hotel.
E lì una serra incantata e una bella piscina (che ci riprometteremo tante volte di usare, ma mai useremo) tantissime piante e la pioggia battente mattutina, così beviamo il nostro tea, evitando abilmente di bere acqua (Siamo delle fichette e beviamo solo roba calda) ((a casa direte che siamo furbi, ma qui, tra Australiani e matti siamo assolutamente delle fichette)) (((fichette senza cacarella però, il chè non è male!))) incontriamo il nostro primo piatto indiano, e intendo Indiano indiano, indiano fuori dall'india non vale,
L'Uttapan
Una homelette con vegetali spiaccicati dentro, nuda cruda, e una salsa che sa un po di yogurt e di nulla, piccantissima. Qui scopro amore per il piccante mattutino, piccante scomodo, indigeribile, ma buono di quel gusto strano ed esotico, come un pezzo mancante alla collezione sapori/momenti.
Così, finita colazione, andiamo al Campo base, lì ad attenderci il nostro bolide, il rottame bucherellato targhato Piaggio, inaspettatamente provato da solo 20.000 km, una signorina insomma
Ci insegnano lì come farla FORSE partire se non parte, come FORSE montarla se cade a pezzi, perchè ne avremo bisogno, e FORSE tra i quindici indiani curiosi che si fermeranno quando la nostra signorina si fermerà per la sua usuale pausa, con quei consigli troveremo una soluzione.
Così avvisati, test driving in sella e si parte, via sulla strada e così, come ogni buona storia che si rispetti si ferma appena tre volte, smontiamo, apriamo, buttiamo la benza direttamente nel carburatore, la imbocchiamo un po e di nuovo in sella, come niente fosse accaduto.
E corriamo destra manca, dopotutto, tra due giorni si parte, e così parti e arti di ricambio, tettuccio, cloche di bordo (non mi ricordo la parola, dopotutto sono giorni che parlo inglese e sparo namastè a raffica a tutti gli indiani che incontto)insomma, la calotta porti oggetti suvvia, e con lei coperture laterali per la tempesta, queste saranno molto molto importanti domani, un paio di remi per muoverci con il tuc tuc nella tempesta e si è fatta sera.
Sera sera
E la sera si fa festa, dopotutto sono arrivati quasi tutti, tranne una decina di ragazzi bloccati in aeroporti piú disparati, nelle città indiane, disperati per provare a giungere in tempo per la partenza.
Così come noi, corriamo per l'ultimo traghetto, non tanto per la festa ma per il cibo pensiamo.
La festa è ficcantissima, scopriamo lì tutta la folle e interessante gente non incontrata prima, tutti così, arrivati lì come noi, per lo piú per il cibo, capiamo tutti che quella serata si dovrà festeggiare, e brindare alla grande
Anche alla loro dunque brindiamo i dispersi, gli svasati, mi mattacchioni e la gente piú svariata, a suon di tamburi, con l'uomo tigre che balla, e noi balliamo, e beviamo tanto basta, tanto basta a non pensare troppo all'indomani.
Così tra sputafuoco e tamburelli, tra brindisi e compagnie, troviamo i nostri primi compagni di viaggio, con cui balliamo e festeggiamo, Alla nostra!
Oh, quelli, I compagni non ve li presento stasera, ma presto, promesso promesso
Per sempre Vostro
Gianluca
disperso da qualche parte in India
10 Agosto 2019, diario di bordo
E del di bordo è assolutamente voluto, salpiamo in fiumiciattoli di strade, con la bufera in arrivo, il nostro mare è la città, e questa è in tempesta.
Dopo una lunghissima attesa a Dubai, data la chiusura dell'aeroporto di Kochin per allagamento, dirottano il nostro volo a Thirunanvapuram (si chiama proprio così, ma adesso che lo sapete, e non siete riusciti a pronunciarlo, la chiamerò sempre Trivandrum).
E ringraziando il cielo dopo una dormita solenne in aereo, atterriamo serenamente in città, ad attenderci un aeroporto internazionale composto di una sola enorme stanza, controllo, valigie, visto, check out, tutto assieme e un esercito di taxisti e tuc tuc davanti all'areoporto.
Usciamo, i numeri sono dalla nostra, loro sono in esercito, noi siamo due, insomma, siamo come le uniche due ragazze in una discoteca, (è solo una metafora ok?) Ma chissenefrega, sticazzi, ci facciamo offrire da bere, sempre metaforicamente.
Paghiamo poco, pochissimo, trattiamo e otteniamo 3000 bagiani, da lì fino a Kochin, la nostra meta. Dei 3000 bagiani, 1000 li prende l'umarel in anticipo e ci vende a un altro taxista.
È lì che capiamo che siamo diventati merce, merce da trasporto e di lusso. Il nostro nuovo conducente è in uomo di mondo, capisce poco di inglese, ma gli piace il thè (questo lo capiamo quando ci dice "Chai Tea" e vi fermiamo)
È lì che prendo il mio primo thè, una bancarella in mezzo al nulla, spazzatura ovunque, regna il caos, ma lì in mezzo a quel putiferio, proprio in mezzo a quel caos, bevo un thè straordinario. (Temo poi per la mia vita e il mio intestino le ore successive di viaggio)
Passano le ore, infinite ore, la nostra guida ogni tanto si vita, guarda nello specchietto i nostri visi, gli occhi stralunati, la faccia appannata di sudore, è stremato, è al suo limite, 5 ore son passage, 5 ore di sopravvivenza a camion e bus, dominatori del traffico stradale.
Non molla, non vuole mollare, oramai non gli resta niente, portarci a destinatione ed arrivare alla sua famiglia, ha dato tutto.
Arriviamo, e si scatena la tempesta, sono le 23, zaino in spalla, paghiamo e andiamo, siamo arrivati.
L'hotel è un sogno, ventilatore, condizionatore, doccia immensa, piscina sul retro, colazione inclusa, 8 euro a notte.
Ma tutto questo non importa adesso, troppo stanchi, così doccia, ventilatore, letto,
Buonanotte Italia
Namastè India